Nonna, nonna che orecchie grandi hai! E' per ascoltarti meglio

domenica 30 novembre 2008

Guardare fuori


Canto la città frantumata, che si riflette nel fango dello sterrato, canto i cubi plumbei in costruzione nell'orizzonte contratto, sospesi alle gru, canto le cartacce nel rivo di scolo, le auto incolonnate per non arrivare, canto la vetrata illuminata e chi ci sta dietro, canto i passi silenziosi sul marciapiede, canto chi rincasa da solo, e chi sta fuori, canto la pioggia che lava via le ombre, canto lo scatto nervoso, il vaffanculo, canto il latte comprato di corsa, canto i tetti piatti, e i profili gialli, canto i prismi trasparenti, le torri insensate, canto le finestre chiuse, le case private, canto le luci, il sonno e la paura, canto i cieli gialli nell'ora dei lampioni, canto i cieli di biacca, canto i cieli violetti, nello stupore del sole, canto la fine che arriva, e che ti accompagna, canto che chiama, canto il rombo della tangenziale, canto di lei con le borse, alla fermata dell'autobus, canto l'inganno degli alberi. Canto il cielo come un coperchio, il gomitolo di strade, la città vecchia e le città terribili. Canto la bellezza, lacerata e ingombra, e incomprensibile.
Canto che scende, con l'acqua, nel canale.

mercoledì 26 novembre 2008

E se potessi


E se potessi risalire a morsi
il corso del tuo corpo liberato
dagli abiti e poi bevuto a sorsi,
mi temeresti o mi saresti grato?

E se volessi aggiungere vergogna
ai tuoi ricordi, per gli anni a venire,
raccogliendoti là dove si sogna,
anima mia, soltanto di finire?

Che non resti di te che un centro nudo,
arso dal vento, scarnito, rappreso,
mendicante a se stesso eppure pieno,

nell’arco vivo del tuo corpo teso
che cerca la sua morte sul mio seno
e la offre tremante, come un dono.

giovedì 20 novembre 2008

Death Valley


Oggi, mentre andavo al lavoro in auto, un ragazzo in motorino mi ha tagliato bruscamente la strada, trasformando il mio confortevole caldo abitacolo mattutino pieno di blues in un luogo estraneo e ostile, e il mio corpo ancora tiepido dell’innocenza del sonno in un grumo contratto di adrenalina.
Più per lo spavento che per altro gli ho suonato, ottenendo che lui si girasse, nitido contro il sole ancora basso sull’orizzonte, e mi mostrasse il medio della mano destra, prima di sparire, sculettando con la vespa fra le auto.
E allora io ho continuato a guidare e ho immaginato questo ragazzo che esplodeva al rallentatore, come il frigorifero di Zabriskie Point. Un occhio qua e uno là sono ricaduti lentamente sul parabrezza, lasciando una striscia mucillaginosa e cilestrina, di un azzurro di stoviglia, gli intestini si srotolavano come festoni, svolazzavano un po’, poi si impigliavano nei rami dei platani, il dito medio della mano destra ha roteato su se stesso unghia-falange, unghia-falange, i denti si sono sgranati piano piano, tac tac , sul tettuccio, e tutto quel bel sangue rosso vaporizzato, come in una tela dell’Action Painting.
Questo per dire che l’immaginazione , il cinema e la pittura sono un aiuto, e un sollievo, in certi frangenti della vita.

domenica 16 novembre 2008

L'ALLEGRO VISO RISO MI FA FARE


Ieri mi è capitato di ascoltare una conversazione fra due ragazze, in palestra. Avranno avuto 25 anni al massimo. Cioè, non è che mi è capitato, è che io ascolto sempre le conversazioni degli altri, quando posso farlo senza farmi scoprire e restando nella legalità. Insomma. Una stava raccontando all’altra, intanto che si rivestivano, di un litigio con il suo ragazzo che si era svolto tutto via sms, quindi il racconto consisteva di: e io gli ho scritto, allora lui mi ha risposto, allora io dopo gli ho scritto senti, allora poi lui il pomeriggio mi ha risposto divertiti, allora poi io ho aspettato la sera che ero a casa della Martina e gli ho scritto anche tu… Non so, me la sono immaginata questa coppia quanto noiosa poteva essere, a giudicare dalle tremende offese che si erano scambiati i partner, a giudicare dalla faccia attonita dell’amica confidente, a giudicare dal lessico di 20 parole, a giudicare dall’occhio vuoto di una e dell’altra, a giudicare , a giudicare…
Poi, non ho sentito perché, le ragazze sono scoppiate a ridere, di una bella risata di sovracuti, non sguaiata, e, dio santo, era un riso che sembrava spazzare via tutto, dall’insignificante litigio, all’ importanza che attribuiamo alle cose, al mio occhio di avvoltoio. Mi sono chiesta: ma io, quand’è l’ultima volta che ho riso così? Con tutto il corpo? Cioè non di qualcuno o di qualcosa, ma del riso stesso? Riso del riso di chi sa di potere ricominciare ancora molte volte, di chi non ha ancora del tutto il controllo del suo personaggio e ogni tanto gli scappa fuori qualcosa di sé che non sa? Del riso di quegli anni lì.
Mi manca, un po’.

venerdì 14 novembre 2008

MI HANNO SPIEGATO


Mi hanno spiegato che le bestie e l'erba,
cieche o modeste o vinte o assopite
o in sè raccolte, dimesse, sfinite,
rapprese nei miei versi,

sono una madre di me stesso, immagini
di sonno e di custodia.
Ma ormai sonno non ho, non ho custodia.
E tutto ancora farà male, madre.

Franco Fortini, Poesie inedite

giovedì 13 novembre 2008

METARIFLESSIONE, O RIFLESSIONE A META'


E' andata a finire che mi sono beccata con un tipo su un blog letterario. Era un ragazzino, si capiva, ma così compreso del suo proprio eroismo e della sua sacra persona che mi ha irritata e gli ho corretto la grafia di due nomi. Cioè gli ho detto: fa' la cuccia, ragazzino. Mica che a me non me lo abbiano mai detto, eh? Mica che nessuno mi abbia mai corretto, solo che io a sbagliare certe cose mi vergognavo tantissimo e volevo scavarmi un buco nel terreno, come una sordida talpa. Anche quello era un modo di far gran conto di sè, certo, ma sottraendo, ritraendosi un po' dentro alla vergogna. Sublime sentimento, la vergogna. Invece il ragazzino si è risentito e ha pure tentato la via della battuta sessista. E a quel punto, io non potevo più non esserci già da prima. Potevo solo smettere di esserci.
Dubito di essermi spiegata.
Faciamo conto che questa sia una metariflessione sulla comunicazione nell'era del web, e buona notte a tutti, anche al silenzio.

lunedì 10 novembre 2008

SAHARA 2007

GRAFOMANIA

“ L’irrefrenabile crescita della grafomania tra uomini politici, tassisti, partorienti, amanti, assassini, ladri, prostitute, prefetti, medici e pazienti, mi dimostra che ogni uomo, senza eccezione, porta in sé uno scrittore virtuale, sicché tutto il genere umano potrebbe a buon diritto scendere per strada e gridare: siamo tutti scrittori!
Tutti, infatti, soffrono all’idea di scomparire non visti e non uditi in un universo indifferente, e per questo vogliono, finché sono in tempo, trasformare se stessi nel proprio universo di parole.
Quando un giorno (e sarà presto) dentro ogni uomo si sveglierà lo scrittore, saranno tempi di sordità e incomprensione universali”

Milan Kundera, Il libro del riso e dell’oblio

CERTI GIORNI

Certi giorni li cominci la mattina e già sono curvati verso l’insonnia.
In mezzo : affanno e disonore. Eppure, con eroismo di formica, trascini la tua briciolina, la perdi, la raccogli, la sospingi verso il deposito. Con questi giorni se fai braccio di ferro perdi, se ti pieghi come un salice secondo le indicazioni del tuo maestro di judo perdi, se pianti una grana perdi, se tieni un profilo basso e cammini rasente i muri perdi, se ti fai una tisana alla melissa e escolzia (escolzia?)perdi, se apri a caso l’Etica di Spinoza perdi, se fai la spiritosa perdi, se vinci perdi lo stesso.
Meglio attrezzarsi per non dormire, cercare di perdere ai punti e, va bè, poi è solo tempo, questo.

domenica 9 novembre 2008

CHI SONO

Mi chiamo Carlotta, che è un bel nome, ereditato da una nonna che però tutti chiamavano Carolina, inappropriato come diminutivo, considerata mia nonna. Sono nata in una città di provincia al limite occidentale della conurbazione padana, in anni in cui la provincia era provincia davvero e non ci succedeva niente, o almeno niente che io fossi in grado di vedere, e non c’era nemmeno internet per collegare la propria solitudine al vuoto, c’era il vuoto e basta. Così ho deciso di venire a vivere al limite opposto, della conurbazione padana medesima, in una città che si chiama Venezia e di cui molti dicono bella ma io non ci vivrei mai, invece io sì che ci avrei vissuto. Invece no, il mercato immobiliare mi ha presa, masticata e sputata a Mestre, città in cui, pure, nessuno vorrebbe vivere e in cui molti vivono tuttavia, così come spesso si vive, senza farci troppo caso.


Cose che mi piacciono. Moltissime in verità, materiali e spirituali, con una decisa propensione per quelle che fanno ridere. Ultimamente, per essere sincera, mi succede che le cose belle mi facciano piangere, ma quel piangere lì è quasi come se fosse un ridere e non conta. Ho sempre sognato che qualcuno mi domandasse qual è il mio scrittore preferito. Il mio scrittore preferito è Stendhal.

Musica: Mi interessa tutta. Mi piace non tutta, ma se arriccio il naso è più per i singoli prodotti che per i generi. Propendo per: il blues, il jazz, l’opera, Bach, la musica del Seicento, tutto quello che viene suonato con il violino. Ho la tendenza a farmi ipnotizzare dalle variazioni

Cose intelligenti che ho fatto: Cambiare lato della conurbazione; telefonare a mio cugino Alessandro; rileggere Guerra e Pace senza saltare le digressioni sulla filosofia della storia

Cose stupide che ho fatto: innumerevoli, ma si riassumono tutte nell’aver deciso a vent’anni che ormai i giochi erano fatti e non sarebbe servito a nulla fare alcunché

La cosa più orribile che ho fatto: Sono andata per dodici giorni a Parigi, chiudendomi la porta alle spalle e dimenticandomi il criceto a casa da solo (la seconda cosa più orribile che ho fatto però è molto meno orribile)

Il posto più bello dove sono stata: Sahara marocchino, tutto il resto viene dopo.

Studi: laurea in lettere a indirizzo artistico, cioè in storia della musica, cioè sarei un musicologo, pensa te

Cose che apprezzo nelle persone: il senso dell’umorismo, anche qua tutto il resto viene MOLTO dopo

Difetti: dispersività, una certa tendenza a rimuginare, solitudine (sì, è un difetto), scarso senso del decoro, o peggio, della decenza, audacia fino alla totale noncuranza di sè

Professione: vediamo un po’: con quella laurea, avendo deciso a vent’anni che i giochi erano fatti…?

Età: Che tasto. Che ridicola compulsione a sviscerare. Diciamo che a teatro mi affiderebbero più facilmente il ruolo di Ecuba che quello di Cassandra, ma bisogna tenere conto che a quel tempo in Asia minore, col passaggio dal mito al logos c’era un sacco da fare, si invecchiava prima, ci si sposava appena puberi. Ieri ero in coda dal medico e una signora ha detto: “Tocca a quella ragazza”. Indicava me.

RAZZISMO

Ieri sera, per farmi del male, ho guardato la puntata di Anno Zero di Santoro dedicata ad alcuni recenti gravissimi atti di violenza contro stranieri: la strage di Castelvolturno, l’omicidio del ragazzo di Parma che ha rubato un biscotto in un bar, le violenze dei poliziotti di Parma contro il ragazzo italiano di origine ghanese, il cinese col naso rotto dalle bastonate di una baby gang.. Pregevoli gli ospiti in sala: il sindaco di Verona, Toso, noto esperto di sociologia delle migrazioni e delle società complesse, e l’onorevole Daniela Santanché, intellettuale che non ha bisogno di presentazioni. Prima che il dibattito degenerasse nel consueto scambio: “cretino” “cretino sarai tu” “chi lo dice lo è cento volte più di me”, abbiamo avuto modo di ascoltare un Gad Lerner per una volta libero –forse perché ospite- dalla retorica che tanto spesso lo rende inascoltabile, nonché uno spaccato di Castelvolturno, un terribile sottomondo italiano dove gente senza futuro, che vive fra cumuli di spazzatura , nella disoccupazione, con la camorra come unico punto di riferimento, si esprime senza remore di sorta (“ma ci pare possibile a lei che la polizia difende più i negri che i bianchi?”). Meglio così, peraltro. Meglio, se deve essere, vedere con chiarezza cosa significa non aver remore o “buonismi”.

La cosa che più di tutto mi ha colpito, però, è l’uso del termine razzismo. Tutti, dai dotti ospiti della destra ai passanti intervistati, ci tenevano molto a specificare di non essere razzisti, e che non si stava parlando di atti di razzismo. Mi sono chiesta: cosa vorranno mai dire quando dicono così? Che gli assassini non hanno letto Gobineau? Che i violenti non frequentano i testi di H.S. Chamberlain? E’ possibile pensare che violenze sistematiche contro cittadini stranieri poveri, e sottolineo poveri, non implichino anche il fatto che questi cittadini stranieri poveri vengano considerati di poco superiori agli animali e certamente di molto inferiori a noi? Si può immaginare che i bruti ipocefali, manovalanza della camorra, che abbiamo visto portare via dalla polizia fra le urla selvagge di madri e fidanzate, posseggano una teoria sistematica e articolata della disuguaglianza fra le razze? Si può, per converso, pensare che siano stati educati secondo i principi che hanno ispirato la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e quello che oggi si chiama il “rispetto per l’altro”?

Perché è così importante stabilire se si tratta o no di razzismo ? Se è razzismo anziché odio per i poveri, senso esasperato della proprietà privata, del territorio, della nazione, allora è peggio?

Mah. Sarà forse per alleggerire il governo dalle responsabilità morali che si è assunto conducendo una campagna elettorale in nome della sicurezza,e l’opposizione per essergli andata dietro . Forse per alleggerire i giornali da analoghe colpe e assolvere l’opinione pubblica, che a certe distinzioni ci tiene. Forse serve ad allontanare lo spettro dell’unico crimine che le potenze cosiddette occidentali considerino veramente e unanimemente un crimine contro l’umanità, vale a dire l’antisemitismo e lo sterminio degli ebrei. Una volta appurato che non si è nazisti e non si è antisemiti, che dunque non si è razzisti, ah be’, allora è criminalità comune, frange di sbandati, oppure reazione di cittadini esasperati che bisogna anche un po’ capire.